Scoperto un ruolo delle cellule a candelabro

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 16 settembre 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le cellule nervose… le misteriose farfalle dell’anima il cui battito

 d’ali potrebbe forse un giorno chiarire il segreto della vita mentale.

[Santiago Ramon y Cajal, Textura del sistema nervioso

del hombre y de los vertebrados, 1899]

 

Un numero immenso di individualità, i neuroni,

completamente indipendenti, semplicemente in contatto,

 gli uni con gli altri, costituiscono il sistema nervoso.

[Santiago Ramon y Cajal, Istologia del sistema nervoso, 1909]

 

 

Al tempo di Camillo Golgi e Santiago Ramon y Cajal, padri nobili delle neuroscienze e pionieri della morfologia cellulare del sistema nervoso centrale, si nutriva ancora la speranza che ad un determinato profilo morfologico di un neurone potesse corrispondere una specifica funzione. In altri termini, si sperava che ad una classe citologica, quale cellula stellata, piramidale, granulare, fusiforme e così via, si potesse associare un ruolo definito e costante, e per questo desumibile dalla struttura. Sulla base dell’osservazione che una conformazione così peculiare, come quella che caratterizza le classi cellulari del sistema nervoso centrale, non potesse essere casuale, si ipotizzava che gli elementi caratterizzanti una tipologia avessero una ragione funzionale in processi direttamente riconducibili alle attività sensoriali, motorie e psichiche.

Il progresso delle conoscenze ha definito, come spesso accade in biologia, una realtà molto più complessa, perché i criteri del rapporto fra morfologia e funzione sono interni alle logiche dell’evoluzione che hanno plasmato l’hardware nervoso delle specie nella filogenesi, e il loro rapporto con i ruoli fisiologici rilevanti per il comportamento animale è solo indiretto, in quanto le funzioni decifrabili in questo senso sono quelle di reti e circuiti neuronici[1]. Per questa ragione, i rari studi che pongono in relazione un tipo morfologico di neurone con uno specifico ruolo, analizzano il valore dell’attività di queste cellule in rapporto al senso conosciuto, di una via nervosa o di un circuito, nell’economia cerebrale. Ora, un nuovo studio ha dimostrato che un particolare sotto-insieme di cellule a candelabro della corteccia prelimbica innerva selettivamente le cellule piramidali che proiettano all’amigdala baso-laterale, controllandone la funzione.

(Lu J., et al. Selective inhibitory control of pyramidal neuron ensembles and cortical subnetworks by chandelier cells. Nature Neuroscience Epub ahead of print doi:10.1038/nn.4624, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Cold Spring Harbor Laboratory, Cold Spring Harbor, New York, New York (USA); Program in Neuroscience and Medical Scientist Training Program, Stony Brook University, Stony Brook, New York, New York (USA); Department of Neuroscience and Psychiatry, Columbia University, New York, New York (USA).

Quando la costituzione cellulare del cervello era una teoria non confermata, anche perché i pionieri dell’istologia conoscevano solo cellule dai contorni circoscritti e non immaginavano la struttura ad albero della maggior parte dei neuroni, fu realizzato un metodo che, come per incanto, fece comparire per la prima volta le cellule nervose nei preparati di tessuto cerebrale. Era il 1873 e la colorazione messa a punto da Camillo Golgi, professore di istologia e patologia generale dell’Università di Pavia[2], comunicata nel 1875 e inizialmente conosciuta solo da una ristretta cerchia di ricercatori, fu poi ritenuta il più importante progresso nelle scienze biomediche dopo l’invenzione del microscopio. Mentre ferveva il dibattito fra i reticolaristi, sostenitori della continuità protoplasmatica in sincizio degli elementi microscopici costituenti il cervello, e i fautori della teoria cellulare o neuronisti, Gerlach aveva messo a punto un metodo di colorazione al cloruro d’oro che aveva fatto apparire nei preparati due reticoli di fibre: un fine plesso che sembrava legare in continuità i corpi dei neuroni, in realtà costituito dai dendriti, ed un disegno di fibre più grossolano, riportabile agli assoni. Era il 1872 e Gerlach, capofila dei reticolaristi, riteneva di aver fornito la prova definitiva della sua tesi, ma, come si comprese successivamente, i reticoli evidenziati dal cloruro d’oro non erano altro che un artefatto di metodo. L’anno dopo, impiegando il nitrato d’argento, Camillo Golgi, ottiene la migliore visualizzazione possibile dei neuroni del sistema nervoso centrale mediante microscopia ottica.

Quando si impiegava la tecnica messa a punto dallo scopritore del complesso ultrastrutturale poi denominato col suo eponimo, si verificava un fatto straordinario e attualmente non ancora del tutto chiarito: il colorante, oltre ad evitare le numerosissime cellule gliali, non penetrava nemmeno nelle cellule nervose circostanti il neurone recettivo, la cui sagoma risultava perfettamente definita in tutti i dettagli dei contorni, nelle arborizzazioni dendritiche e nella telodendria assonica, come un disegno a china su un fondo chiaro.

Santiago Ramon y Cajal[3], entusiasta nell’applicare il metodo di Golgi, così ne descrive la scoperta in un documento di valore storico per le neuroscienze: “Un pezzo di tessuto nervoso da qualche giorno si stava indurendo nel liquido di Müller puro o mescolato con acido osmico. Distrazione d’istologo o curiosità di scienziato, eccolo immerso nel nitrato d’argento. Aghi rutilanti, dai riflessi cangianti in oro, attirano subito l’attenzione. Si seziona, si disidratano le sezioni, si illuminano, si guarda. Spettacolo inatteso! Su un fondo giallo perfettamente traslucido appaiono, radi, filamenti neri, lisci e sottili, o spinosi e spessi, corpi neri triangolari, stellati, fusiformi! Si direbbero disegni fatti con l’inchiostro di china su un foglio trasparente. L’occhio è sconcertato. Qui tutte è semplice, chiaro, senza confusione. Non c’è più da interpretare, c’è solo da vedere e costatare …”[4].

La riproduzione fedele, grazie ad un’ottima capacità di disegno, dei neuroni evidenziati col metodo di Golgi in ogni area del sistema nervoso, in un lavoro durato quasi tutta una vita e raccolto nel monumentale Textura del sistema nervioso del hombre y de los vertebrados, pubblicato in due parti nel 1899 e nel 1904, legano il nome di Cajal alla più importante opera morfologica nel campo della neurobiologia. Due sono i contributi principali dello studioso spagnolo alla conoscenza neuroscientifica: la descrizione di un sistema nervoso costituito da individualità cellulari distinte ma comunicanti; la produzione di prove a sostegno del fatto che le interconnessioni fra neuroni sono specifiche, altamente strutturate e non casuali, come ritenuto da molti ricercatori dell’epoca. Questa specificità ci porta ai giorni nostri e allo studio qui recensito.

La neocorteccia elabora vari flussi di informazione, mediati da sottoinsiemi di cellule piramidali, che ricevono differenti segnali in entrata e proiettano ad aree distinte di varie regioni. Le varie classi di interneuroni GABAergici preposti alla regolazione non si sa come facciano a modulare la comunicazione, garantendo la separazione fra sottoinsiemi fittamente interconnessi di neuroni piramidali che partecipano a reti cerebrali distinte. Jiangteng Lu e colleghi hanno scoperto e dimostrato che un sottoinsieme di cellule a candelabro situate nella corteccia prelimbica, che innervano cellule piramidali al sito di avvio del picco del potenziale d’azione, selettivamente controllano i neuroni che proiettano all’amigdala baso-laterale (BLAPC, da basolateral amygdala piramidal cells) e non quelli che proiettano alla corteccia controlaterale (CCPC).

In proposito ricordiamo: “Le cellule a candelabro, o neuroni asso-assonici, costituiscono un distinto gruppo di interneuroni inibitori GABAergici che innervano i segmenti iniziali degli assoni delle cellule piramidali, in tal modo esercitando un importante ruolo di controllo dell’attività dei circuiti corticali. […] Le cellule a candelabro presentano una morfologia variabile, ma più spesso appaiono con un soma ovalare o fusiforme, con dendriti che emergono dal polo superiore ed inferiore della cellula; l’arborizzazione dell’assone, che è caratteristica e distintiva di questi interneuroni, emerge da uno dei dendriti prossimali o, più raramente, dal corpo cellulare”[5].

La sperimentazione ha dimostrato che questo specifico gruppo di cellule a candelabro, a sua volta, riceve un input preferenziale da neuroni locali e della CCPC diversamente dai BLAPC e dai neuroni BLA nella rete che va dalla corteccia prelimbica all’amigdala baso-laterale.

In particolare, in topi svegli e liberi di agire, l’attivazione optogenetica del sottoinsieme di cellule a candelabro rapidamente sopprimeva l’attività dei neuroni BLAPC e del gruppo nucleare baso-laterale dell’amigdala (BLA).

Su questa base si può ritenere che la selettiva e particolare connettività delle cellule a candelabro, non solo media l’inibizione direzionale tra insiemi locali di neuroni piramidali, ma può anche modellare le gerarchie di comunicazione fra reti globali.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-16 settembre 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Cfr. Perrella G., Nuovi criteri di correlazione neuroanatomica e funzionale. BM&L-Italia, Firenze 2005.

[2] Camillo Golgi o, più precisamente, Bartolomeo Camillo Emilio Golgi (1844-1926) fu medico ed istologo allievo del celebre Giulio Bizzozero, autore della classificazione dei tessuti in labili, stabili e perenni. Si laureò con una tesi sull’eziologia delle malattie mentali, discussa con Cesare Lombroso. Golgi ottenne la sua reazione nera dei neuroni (metodo di Golgi) per la prima volta nel 1873, ma il suo valore fu compreso e conosciuto solo grazie a Rudolf Albert von Kӧlliker, anatomista e fisiologo svizzero che fu suo mentore. Scoprì, cinquant’anni prima dell’invenzione del microscopio elettronico, l’apparato ultrastrutturale presente in tutte le cellule e detto, appunto, complesso di Golgi. Fu il primo Italiano ad ottenere il Premio Nobel, del quale fu insignito nel 1906 insieme con Ramon y Cajal.

[3] Santiago Ramon y Cajal (1852-1934), che si contrapponeva al convinto reticolarismo di Golgi, impiegò il suo metodo per l’esame di ogni sezione del sistema nervoso umano e di numerosi animali, dedicando tutta la vita ad analizzare al microscopio tessuti preparati col metodo di Golgi e a disegnarne la composizione cellulare. Docente dell’Università di Madrid, insegnò in varie altre istituzioni accademiche spagnole.

[4] Santiago Ramon y Cajal, Istologia del Sistema Nervoso, 1909, citato a pagina 37 di Jean-Pierre Changeux, L’uomo neuronale, Feltrinelli, Milano 1998.

[5] Note e Notizie 16-02-13 Cellule a candelabro innervano le piramidali in sovrapposizione.